Mercato del lavoro, Rapporto Cnel 2016

Pubblicato Mercoledì, 19 ottobre 2016
Permangono ancora difficoltà nel mercato del lavoro in Italia. Nell’edizione 2016 del Rapporto Cnel se ne evidenziano le debolezze strutturali che spingono il nostro Paese in fondo alle classifiche europee. 


Sul percorso di riforme in corso sul funzionamento del mercato del lavoro, secondo il Cnel, il bilancio delle misure introdotte attraverso i decreti attuativi della legge n. 183/2014 per incentivare la domanda di lavoro può considerarsi positivo, sebbene esso appaia dovuto prevalentemente all’“effetto potenziamento” costituito dagli incentivi fiscali per le nuove assunzioni previsti dalle leggi di stabilità 2015 e 2016.
  

La gestione delle politiche attive del lavoro, affidata a una logica di rete che coinvolge una pluralità di soggetti pubblici e privati con il coordinamento dell’ANPAL, non può avvenire senza il necessario completamento di una efficiente struttura informatizzata di supporto. Il rapporto evidenzia i vincoli di condizionalità che caratterizzano l’erogazione dei nuovi servizi per l’impiego delineati nella riforma, incentrati sull’impegno e sulla partecipazione attiva dei lavoratori.   

Lo scenario consolidatosi negli ultimi dieci anni mostra una generale estensione del lavoro a bassa qualificazione e un tendenziale abbassamento della qualità diffusa delle condizioni di lavoro dopo decenni di progressivo miglioramento: dal 2012 il tasso di attività della fascia priva di titoli di studio o con licenza elementare è aumentata di quasi due punti. L’inefficiente rapporto fra sistema scolastico e mercato del lavoro (mancato collegamento fra sistema formativo e domanda di lavoro qualificato) alimenta un’offerta di lavoro di scarsa qualità che il mercato assorbe. La situazione è aggravata dai dati sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa: la distribuzione dell’orario di lavoro e lo scarso ricorso al part time scontano una propensione negativa dei datori per cause culturali e organizzative e comprimono le possibilità di conciliazione dei tempi di vita/lavoro rafforzando le barriere all’accesso delle donne. 


Il tasso di attività femminile è di circa 20 punti percentuali inferiore a quello maschile (75% contro il 55% rilevato ad agosto 2016), nonostante i lievi miglioramenti negli ultimi anni. Ritenendo che tale divario dipenda da fattori strutturali, il rapporto mostra che il possesso di un più elevato grado di istruzione accresce la probabilità di avere un’occupazione e riduce le differenze di genere. Nelle regioni del Nord le donne e gli uomini con elevata istruzione hanno la stessa probabilità di occupazione (poco più del 70%), mentre al Sud tra le persone con bassa istruzione la probabilità cala al 10% per le donne e al 30% per gli uomini. 


Nel rapporto occupazione e livello di istruzione, tra il 2007 e il 2015 (ultimo dato disponibile), gli occupati privi di titolo di studio o in possesso di licenza elementare o di scuola media diminuiscono di 1 milione e 786 mila unità (-20%), mentre il numero di occupati diplomati o laureati aumenta di 1 milione e 357 mila unità (+10%). 

 

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