Cretu e De Vincenti al Consiglio europeo su politica di coesione

Pubblicato Venerdì, 13 aprile 2018

"La politica di coesione deve continuare a coprire tutte le regioni europee" anche dopo il 2020, quando il bilancio Ue dovrà fare i conti con possibili tagli dovuti alla Brexit. Così si è espressa Corina Cretu, commissaria europea alla politica regionale, intervenendo al Consiglio europeo dedicato alla politica di coesione post 2020 lo scorso 12 aprile.
Cretu ha presentato ai rappresentanti dei governi le migliaia di adesioni raccolte in pochi mesi dall'Alleanza europea in difesa della coesione, promossa dal Comitato Ue delle Regioni, ma ha anche ribadito la necessità di modernizzare e semplificare le norme dei fondi strutturali. La commissaria ha poi precisato che il Pil pro capite "non è più sufficiente" per definire le allocazioni destinate ai territori: andrebbero considerati anche altri fattori che meglio fotografano le specificità regionali, come la disoccupazione o la povertà. Un discorso che non ha entusiasmato i ministri, fra cui c'è il "consenso" nell'usare ancora il Pil pro capite come indicatore principale, come ha spiegato a nome della presidenza di turno il vice premier della Bulgaria, Tomislav Donchev.

"Il governo italiano considera la politica di coesione come un vero e proprio 'bene comune europeo', cioè non una politica di mere compensazioni, ma una politica che intervenendo sui ritardi economici e sociali, promuove lo sviluppo dell'economia europea nel suo insieme", ha detto Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, al termine della riunione a Lussemburgo.

De Vincenti ha poi spiegato che c’è "una sostanziale convergenza con Germania, Francia e Spagna su due punti chiave: il primo prevede che alle politiche di coesione vadano garantite, nella definizione del cosiddetto Quadro finanziario pluriennale post 2020, risorse consistenti e adeguate a coinvolgere tutte le regioni seppure in maniera differenziata. Il secondo prevede un collegamento con il rispetto, da parte dei Paesi membri, dei principi dello stato di diritto e della solidarietà intereuropea nella gestione dei flussi migratori".

"Alla coesione, nonostante la Brexit, vanno garantite - ha continuato De Vincenti - risorse tali da coinvolgere tutte le regioni europee, perché in tutte vi sono aree a ritardo di sviluppo, seppur in misura naturalmente differenziata. Consideriamo perciò inaccettabili scenari che le riducano al punto da limitarne l'afflusso alle sole aree meno sviluppate o, peggio, ai soli paesi dell'Est europeo".

"Per noi - ha proseguito De Vincenti - risulta altrettanto inaccettabile qualsiasi clausola che sottragga le risorse della cosiddetta 'riserva di efficacia' ai programmi di coesione dello Stato membro per riassegnarle da Bruxelles ad altri Stati membri che si impegnino in riforme strutturali. Questa linea infatti finirebbe per premiare chi non ha ancora realizzato riforme, con un effetto di incentivo perverso e inoltre costituirebbe un 'non sequitur' logico, in quanto per l'Europa gli investimenti che colmano ritardi di sviluppo sono importanti quanto le riforme strutturali". L'Italia - ha ricordato - è invece favorevole a rinnovare anche per il post 2020 il sistema delle "condizionalità ex ante" in termini di riforme strutturali che devono essere soddisfatte, appunto, ex ante per poter utilizzare i fondi.

Infine, De Vincenti si è soffermato sul nodo del cofinanziamento nazionale che "deve essere escluso dal calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e crescita - ha sottolineato - proprio perché gli investimenti per la coesione sono di interesse comune europeo e sono concordati con la Commissione".

La riunione del Consiglio europeo sulla coesione è stato l’ultimo incontro di alto livello prima che il 2 maggio la Commissione Ue formuli la sua proposta di bilancio pluriennale dell’Unione post 2020.