Legge di stabilità e riforma del Titolo V, le decisioni del Consiglio dei ministri

Pubblicato Martedì, 09 ottobre 2012

Legge di stabilità e riforma del Titolo V della Costituzione sono stati tra i principali temi affrontati durante l'ultima seduta del Consiglio dei ministri, lo scorso 9 ottobre.
Il Consiglio ha approvato, infatti, il disegno di legge contenente le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità), lo strumento con cui vengono disposte le misure necessarie per realizzare gli obiettivi programmatici indicati nei documenti di programmazione di bilancio e finanza pubblica. Il governo intende raggiungere gli obiettivi fissati con la legge di stabilità attraverso la revisione della spesa pubblica (spending review), gli interventi fiscali in materia bancaria ed assicurativa e l'imposta sulle transizioni finanziarie. In riferimento alla spending review, il Consiglio dei ministri ha approvato il secondo capitolo delle disposizioni già avviate lo scorso luglio e che prevedono la razionalizzazione della spesa pubblica, il miglioramento dell'efficienza delle amministrazioni e il mantenimento della qualità dei servizi per i cittadini.
Nella stessa seduta il Consiglio dei ministri ha poi approvato un disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V. "L'intervento - si legge nella nota ufficiale pubblicata al termine dei lavori - si è reso necessario viste le criticità emerse nel corso di questi anni; tuttavia, dato il breve spazio di legislatura ancora a disposizione, l'obiettivo è quello di apportare modifiche quantitativamente limitate, ma significative dal punto di vista della regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le regioni. L'intervento riformatore si incentra anzitutto sul principio dell'unità giuridica ed economica della Repubblica come valore fondamentale dell'ordinamento, prevedendo che la sua garanzia, assieme a quella dei diritti costituzionali, costituisce compito primario della legge dello Stato, anche a prescindere dal riparto delle materie fra legge statale e legge regionale. È la cosiddetta clausola di supremazia presente in gran parte degli ordinamento federali.
Si tende, inoltre, ad impostare il rapporto fra leggi statali e leggi regionali secondo una logica di complementarietà e di non conflittualità".
Per questo rientrano nella legislazione esclusiva dello Stato alcune materie che erano precedentemente considerazione della legislazione concorrente: il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la disciplina dell'istruzione, il commercio con l'estero, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia; rientrano anche materie non specificatamente declinate nella Costituzione come la disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e la disciplina generale degli enti locali.
Chiarisce infine la nota: "Si attribuisce alla legge statale un ruolo più duttile ed ampio nell'area della legislazione concorrente, prevedendo che spetta alla legge dello Stato non più di stabilire i problematici "principi fondamentali", bensì di porre la disciplina funzionale a garantire l'unità giuridica ed economica della Repubblica. Si dispongono, poi, confini meno rigidi fra potestà regolamentare del Governo e potestà regolamentare delle regioni, prevedendo in modo semplice che lo Stato e le regioni possono emanare regolamenti per l'attuazione delle proprie leggi".