Istat, in crescita il lavoro irregolare nel 2017

Pubblicato Mercoledì, 16 ottobre 2019

Il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie è una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano. Lo ha rilevato Istat nell’indagine “Economia non osservata nei conti nazionali”, relativa agli anni 2014 – 2017.

Per “non regolari” si intendono le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. 

Nel 2017 sono 3 milioni e 700 mila le unità di lavoro a tempo pieno (ULA) in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 696 mila unità). L’aumento della componente non regolare (+0,7% rispetto al 2016) segna la ripresa di un fenomeno che nel 2016 si era invece attenuato (-0,7% rispetto al 2015).

Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle ULA non regolari sul totale, risulta stabile nell’ultimo biennio (15,5% nel 2016 e nel 2017) per effetto di una dinamica del lavoro non regolare in linea con quella del totale dell’input di lavoro. Il tasso di irregolarità è più elevato tra i dipendenti rispetto agli indipendenti (rispettivamente il 16,0% e il 14,2%). 

Nell’insieme del periodo 2014-2017 il lavoro non regolare presenta una dinamica differenziata e opposta a quella che caratterizza il lavoro regolare: gli irregolari aumentano di circa 59 mila unità (+1,6%) mentre i regolari crescono di 603 mila unità (+3,1%), determinando un leggero calo del tasso di irregolarità (dal 15,6% osservato del 2014 al 15,5% del 2017).

I dati sul lavoro non regolare si inseriscono nell’indagine più generale sull’economia “non osservata”, che Istat stima valga circa 211 miliardi di euro nel 2017, il 12,1% del Pil. Oltre il 40% del sommerso è concentrato nel settore del commercio, nei settori dei trasporti e magazzinaggio, nelle attività di alloggio e ristorazione, dove si genera il 21,4% del valore aggiunto totale. 

Per maggiori dettagli consulta l’indagine Istat.